L’ultima sposa di Palmira

Year: 2011
Conosciamo Giuseppe Lupo come amico del Pristem, che nell'ambito di diversi convegni ci ha allietati con le sue brillanti conferenze sulla "letteratura di fabbrica", da Calvino agli autori "olivettiani" Sinisgalli, Volponi, Ottieri ecc.

G. Lupo

L’ultima sposa di Palmira

Marsilio, Venezia, 2011

pp. 174; euro 18.00

 

Conosciamo Giuseppe Lupo come amico del Pristem, che nell'ambito di diversi convegni ci ha allietati con le sue brillanti conferenze sulla "letteratura di fabbrica", da Calvino agli autori "olivettiani" Sinisgalli, Volponi, Ottieri ecc. (si vedano i suoi recenti contributi apparsi su Lettera Matematica alla pagina: http://matematica.unibocconi.it/autore/giuseppe-lupo).

Ma Lupo è anche impegnato autore di romanzi, ambientati nella sua terra di origine, la Lucania, in diversi periodi storici: dall'indomani dell'unità d'Italia nel romanzo "La carovana Zanardelli" (2008, Premio Grinzane-Carical e Premio Carlo Levi) al secondo dopoguerra nel Ballo ad Agropinto (2004) con un occhio sempre puntato al problema dell'emigrazione, come nel libro "L’americano di Celenne" (2000, Premio Giuseppe Berto 2001, Premio Mondello opera prima 2001, Prix du Premier Roman 2002). Ora il suo nuovo romanzo “L’ultima sposa di Palmira”, ambientato nella Lucania immediatamente dopo il catastrofico terremoto del 23 novembre 1980, è addirittura fra i 5 finalisti del prestigioso Premio Campiello che verrà assegnato il 3 settembre 2011.

Il romanzo racconta il viaggio di un'antropologa milanese che si precipita in un immaginario paesino lucano così minuscolo che non figura nemmeno sulle carte geografiche e dal nome di stile calviniano, Palmira. Fondato da Patriarca Maggiore che lo ha subito popolato con le sue dieci mogli e i quaranta figli e battezzato col nome della sua prima donna. Tutto ciò che l'antropologa trova è ridotto in macerie, solo una falegnameria è rimasta in piedi e dentro, notte e giorno, mastro Gerusalemme fabbrica il mobilio per una sposa, l'ultima del paese. Sulle ante disegna le storie che si tramandano negli anni. I pannelli dei mobili sono l'unica testimonianza che Palmira sia esistita veramente e in essi si compie il destino di ogni uomo.

Il racconto – attraverso le parole di mastro Gerusalemme – è fatto di ricordi, di sapori e di odori antichi ma è anche intriso di leggende e tradizioni popolari, quelle dove la realtà e il sogno si confondono, dove, addirittura, il mondo degli abitanti di Palmira si unisce ad un altro popolato da persone che non ci sono più ma che sono tanto vive nel ricordo da diventarlo in alcuni momenti anche realmente. È la tradizione popolare che emerge e che non ha nulla di razionale tanto che agli interrogativi espressi e mal celati dell’antropologa ai quali Mastro Gerusalemme risponde con le parole “Dottoressa Pettelunga avete la scienza dalla vostra parte. Usatela” lei stessa pensa che avrebbe dovuto rispondergli “Ma la scienza non arriva dove arrivano i sogni”.

Dove arriva la vita vera e dove la vita sognata, immaginata, raccontata dalle credenze popolari? Questa è una delle proposte dell’autore che con dolcezza e romantiche suggestioni riesce a descrivere anche i momenti crudeli di una delle tante tragedie naturali che ha colpito il nostro paese.

A questo punto buona lettura! E per quanto riguarda la candidatura al premio Campiello non ci resta che augurare all'autore... in bocca al Lupo!!