Il disordine perfetto

Year: 2007
Il mondo della simmetria ha da sempre colpito la fantasia e la curiosità umana, e continua ad avvincerci con i propri interrogativi: perché è così presente in natura? Perché la riproduciamo nelle nostre costruzioni? Quali intuizioni ci lascia intravedere? Com'è in relazione con la nostra maniera di pensare e concepire i fatti, oppure addirittura con la struttura del nostro cervello?

Marcus Du Sautoy

Il disordine perfetto - L'avventura di un matematico  nei segreti della simmetria

Rizzoli, Milano, 2007
pp. 495, Euro 20,00

 

Il mondo della simmetria ha da sempre colpito la fantasia e la curiosità umana, e continua ad avvincerci con i propri interrogativi: perché è così presente in natura? Perché la riproduciamo nelle nostre costruzioni? Quali intuizioni ci lascia intravedere? Com'è in relazione con la nostra maniera di pensare e concepire i fatti, oppure addirittura con la struttura del nostro cervello?

Per alcuni è una proprietà estetica delle forme, per altri è lo strumento con cui agisce la natura, per altri ancora un principio ordinatore della scienza.

L'arte, la natura, le strutture artificiali si intrecciano profondamente quando lasciamo che il pensiero vaghi liberamente da un'idea all'altra, da un'impressione all'altra, ad essa simile ma non uguale: ripetuta, vicina, riconoscibile, eppure diversa. Le varie esperienze – sensoriali, intellettuali, anche emotive – si fondono ma non si confondono in un unico modello.

Quante volte, ascoltando un brano musicale, i suoi elementi ritmici ci hanno rimandato con la mente all'impressione di essere di fronte ad un'immagine dotata di qualche senso di ordine – o, al contrario, nella quale l'ordine si infrange? Quante volte una costruzione architettonica – magari un reperto archeologico, oppure un monumento recente – ci ha stupito con la potenza o l'armonia delle sue forme, il loro alternarsi e sovrapporsi, il senso estetico o la compiutezza della sua struttura? Ancora: nell'esame di una formazione naturale – in piccolo, un fiocco di neve, ad esempio, o uno stormo di uccelli, oppure in grande una costellazione – non ci siamo colti a ragionare sulle strutture ordinate della matematica, l'economia della natura, l'intelligenza di qualche legge fisica che, nella sua apparente semplicità ci permette di penetrare sia nei misteri della materia che nella grandezza del cosmo?

Noi chiamiamo “simmetria” ciò che allude direttamente e consapevolmente a questi scambi ed a queste intese. Quando il senso estetico si incorpora nelle forme spaziali e diventa legge, l'osservazione prende sostanza e ragione, facendosi regola, l'esperimento si rende accessibile alla riflessione sotto la forma di struttura ordinata e ripetibile, e la comprensione scientifica estende la propria azione nel mondo della pratica.

In matematica, la simmetria di un oggetto ha – ovviamente – una definizione precisa. È una proprietà dinamica, in quanto dipende da un gruppo di trasformazioni che agiscono sull'oggetto, nel tentativo di catturare ciò che non si vede, ciò che rimane invariato quando tutto cambia. In senso formale, è l'insieme delle trasformazioni che lasciano apparentemente invariato l'oggetto, come se non agissero affatto.

Da tempo i matematici, che nella loro ricerca sono spesso guidati anche da un forte senso dell'estetica, sono impegnati nello studio della simmetria, forse la “prima struttura” che si coglie nel mondo. Almeno a partire da quando si è scoperto che nello spazio esistono solo cinque poliedri regolari.

Solo in tempi relativamente recenti hanno capito che il linguaggio della simmetria è la teoria dei gruppi: non basta dire “quanta” simmetria ha un oggetto per metterne in luce lo schema astratto e profondo, ma occorre anche studiare la maniera con cui le trasformazioni si compongono e le proprietà complessive della struttura a cui questa legge di composizione dà origine.

Il libro di Du Sautoy, fra le altre cose – fra molte altre cose – si preoccupa anche di questo sviluppo interno della matematica: dallo studio delle equazioni algebriche presso i babilonesi, gli arabi, la scuola italiana del Rinascimento, fino alla scoperta che non interessa solo trovare una soluzione delle equazioni quanto capire come le soluzioni si legano ai coefficienti: il problema non riguarda le quantità, ma le strutture. E lo sviluppo continua, e trova il proprio culmine con Galois ed un seguito che è ormai storia recente, al quale l'autore contribuisce in prima persona.

Il problema della ricerca dei gruppi semplici finiti, fino dalla scoperta dei primi gruppi “sporadici” di Mathieu a fine ‘800, è una grande avventura dell'algebra del ‘900, descritta nel libro con molti particolari, sia tecnici che umani, che la rendono una avventura vera, di persone spesso ossessionate da un problema, sempre curiose e decise a spiegare il fenomeno e capirne i segreti profondi. Persone con le proprie intuizioni, le proprie ansie e l'emozione delle scoperte.

Ogni oggetto ha un proprio gruppo di simmetria. Ma affinché non esista solo come un “fantasma” – per usare un termine di Du Sautoy – ogni gruppo (almeno di un certo tipo) deve essere accompagnato da un oggetto di cui contiene tutte e sole le simmetrie. Per questo i matematici delle generazioni successive a Galois hanno dovuto liberare gli oggetti dal vincolo della fisicità e, salvo nei casi più elementari, farli vivere in uno mondo che spesso ha una dimensione incredibilmente alta, accessibile solo al ragionamento formale ed al calcolo elettronico, ma spesso sfuggente alla stessa intuizione.

Il titolo originale del libro – “Finding moonshine” – si rivolge proprio a questo aspetto: lo studio del “mostro”, il più grande dei gruppi semplici, un gruppo che ha quasi 10^56 elementi (non ho il coraggio di scriverne il numero preciso) e che richiede di pensare ad un oggetto di uno spazio a 196.883 dimensioni. Immagino che il “chiaro di luna” di cui si parla – una terminologia dovuta alla mente fervida di John Conway – accenni a quel flebile, e incantevole, momento di luce nel quale solo è possibile avvistare un simile mostro.

Ma la narrazione non è finalizzata ai gruppi, né a quella esoterica formazione di matematici che si preoccupano di questi chiari di luna. Come se fosse un atto dovuto nei confronti di un soggetto – la simmetria – così centrale e connesso con tutte le vicende della vita, anche il libro mostra un sistematico intreccio di temi. Prima di tutto, riguarda il significato della simmetria nelle varie manifestazioni: forma di comunicazione decisiva per la sopravvivenza, linguaggio genetico, espressione artistica… musica, i mosaici dell'Alhambra, il teatro kabuki… Poi la narrazione collega il fenomeno ad altri domini della scienza, ad esempio alle strutture atomiche ed a quelle cristalline, oppure alle più recenti descrizioni del mondo fisico, con l'intenzione di dare una sufficiente comprensione del suo ambito di applicazione. Inoltre, il tentativo di coglierne gli aspetti formali suggerisce ipotesi che lo allacciano ad altri settori della matematica: le funzioni modulari, i problemi combinatori di impaccamento delle sfere, i nessi con i codici autocorrettori. Idee e suggestioni di cui tutti i matematici conoscono il fascino e, a volte, lo sgomento.

Una narrazione che passa in maniera continua, e naturale, da un argomento all'altro, mescolando i temi in maniera consapevole. Questo è l'aspetto più caratteristico del libro. Si intrecciano almeno tre fili, come in quei lavori manuali al termine dei quali si ottiene un cordone, forte e robusto, formato da tre colori che si alternano e si sovrappongono l'uno all'altro in maniera sistematica e regolare.

I tre fili sono: le vicende storiche della matematica, narrata attraverso le circostanze dei personaggi, delle loro esperienze e della loro sensibilità umana e scientifica, la matematica stessa, sia nella forma di ricerca di strutture che hanno origine nel mondo naturale, sia nei termini di proprio autonomo sviluppo e, terzo filo, l'impegno, spesso esaltante, del matematico – l'autore in prima persona – con i suoi collaboratori, il complesso della sua attività, le impressioni ed i ricordi, le esperienze personali.

Da affrontare di corsa, per tenere i nessi del discorso matematico e soprattutto per coglierne gli aspetti vitali e umani.