Figlio mio, scappa

Capita spesso – parlando agli studenti delle superiori – di dover rispondere alle classiche domande, tipo: “cosa mi consiglia di fare all’Università?” oppure “ma dove è meglio farla?” Trovo particolarmente insidiosa la seconda, non tanto perché mi imbarazzo a dire che, per certi studi, una sede è migliore di un’altra ma perché (se capisco che il ragazzo in questione è bravo, motivato, appassionato) ho sempre più voglia di rispondere: “Va' via! Va' all’estero a studiare, e poi a lavorare, prima possibile”. Mi rendo però conto che è una risposta un po’ tranchante. Può passare per disfattista e “anti – patriottica” come se in Italia non ci fossero egregie “scuole” di Matematica. È difficile, in una battuta, far capire che non si tratta di questo ma che è il “sistema Italia” (non la formazione  matematica) a non funzionare.

Mi tornavano in mente queste mie semplici esperienze, quasi di tutti i giorni, lunedì mentre leggevo su “La Repubblica” l’articolo di Pierluigi Celli, ex direttore generale della Rai e attualmente direttore generale della LUISS a Roma. In un lettera aperta al figlio, Celli scrive: “per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell’estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati”.

Devo dire che sono sostanzialmente d’accordo. Magari le mie motivazioni non coincidono del tutto con quelle di Celli. Magari non mi scandalizzo tanto per l’Alitalia ma piuttosto per altre cose. Le conclusioni sono comunque le stesse, le stesse che qualche giorno fa aveva illustrato anche Guidalberto Guidi (imprenditore e esponente di Confindustria): “appena puoi, lascia questo Paese”.

Il sentimento prevalente è quello della sconfitta. Negli ultimi decenni, più di una generazione ha lavorato al progetto di un’Italia diversa da quella che oggi conosciamo. Magari l’ha semplicemente auspicato, sapendo che era difficile da costruire (vista la storia del nostro Paese) ma che ugualmente era possibile. Ebbene questo progetto è stato sconfitto, nel senso che non è più neanche all’ordine del giorno. Forse è meglio parlare al plurale: sono stati sconfitti diversi progetti che volevano un’altra Italia e una delle ragioni dell’esito cui siamo pervenuti sta proprio nel non averli saputi intrecciare – i diversi progetti – in una sintesi convincente. Non è questione (solo) del governo Berlusconi. Le speranze di un vero cambiamento sono esili. Asor Rosa parla di “mutate condizioni climatiche” ed evoca l’immagine del brontosauro condannato all’estinzione, appunto, dalle mutate condizioni climatiche.

Qualcuno può pensare che siano conclusioni troppo pessimistiche, mentre la situazione italiana non è così uniformemente nera. È piuttosto a macchia di leopardo e ci sono anche isole più o meno felici. È vero. Può anche obiettare (come ha fatto Tito Boeri, sempre su “La Repubblica”) che Guidalberto Guidi inviata ad andare all’estero dall’alto dei 40 consigli d’amministrazione cui partecipa e che Pierluigi Celli appartiene a quell’establishment che denuncia così violentemente. È vero anche questo. Insomma, si può assumere un atteggiamento più consolatorio con calde esortazioni a non scappare dal Paese (e dalla politica). Rimane il fatto che questa è la scelta che molti giovani stanno facendo in questo periodo. Non si dividono tra ottimisti e pessimisti, tra politici e anti – politici. Se ne vanno.

Torno a pensare ai miei incontri con gli studenti e penso che sia giusto dirgli la verità. Aggiungendo che questo non vuol dire per noi ritirarsi in campagna o “dimettersi” dall’impegno di tutti i giorni. Siamo sempre qui, a cercare di fare meglio quello che sappiamo fare. Ma la situazione da cui partiamo è questa. Purtroppo. Celli così conclude la sua lettera  al figlio: “mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze. Preparati comunque a soffrire”.